Claudio Ferrarini
Namaste


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Photo by Giampaolo Rico'

New Music Release

ARTE SONORA
Sempre più spesso si sente parlare di “musica liquida“.

Con questo termine, si intende un qualsiasi file musicale svincolato da un supporto di memorizzazione specifico, che può risiedere su hard disk, su CD dati, su server remoti, e così via.

La musica liquida va considerata come messaggio musicale informato digitale, smaterializzato dal supporto originale.



La nuova frontiera della musica

Spotify, Tidal, Google Play Musica, Deezer, Apple Music, Amazon Music, YouTube Music
e altre 35 applicazioni dedicate alla musica.
(Dati ascolto in Streams di Spotify Artists)




Claudio Ferrarini:

 

 

 

 

 

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

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Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

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Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Trascrizioni ed abbelimenti e Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

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Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

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Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

 

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

 

 

 

 


Foto di copertina di Luca Astolfoni Fossi

Una prima registrazione mondiale
" Telemann come avrebbe voluto Telemann con molta fantasia, e il contributo di tanti flautisti che hanno scritto cadenze meravigliose......
"

 

 

 

 

 

 

 

 

Sul digitale liquido

Un Album incredibile…ed imperdibile!
Il perché lo troverete nelle bellissime note di un grande compositore Gianluca Cangemi che oltre a scrivere musica straordinaria sa anche usare la penna con l’anima…

1 – Ph. Glass: Arabesque in Memoriam for Solo Flute
2.7 – B. Britten: Sei metamorfosi dopo Ovidio per oboe solo, op. 49: I. Pan / II. Phaeton / III. Niobe / IV. Bacco / V. Nacissus / VI. Aretusa  (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)
8.10 –  S. Prokofiev: Sonata in re maggiore per violino solo, op. 115 (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)
11.16 - Ph. Glass: Serenata per flauto solo
17 – S. Karg-Elert: Sonata Appassionata for Solo Flute in F-Sharp Minor, Op. 140
18.20 – A. Hovhabess: Sonata per flauto solo, op. 118
21.23 – 3 Virtuoso  Flamenco Studies No. 1 – 3 for Flute Solo
24 – C. Nielsen: Bornene spiller per flauto solo (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)
25 – L. Libemann: Soliloquio per flauto solo, op. 44
26 – G. Cangemi: Bachman & Robin per flauto solo (Al temerario Claudio Ferrarini)
27 – E. Carter: Scrivo in Vento
28 – H-Villa-Lobos: Dai 12 Estudos, W 235: No.1 (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)
29 – V. Persichetti: Parabola per flauto solo, Op.100
30 – R. Smith Brindle: Andromeda M31 per flauto solo
31.33 – R. Muczynski: Tre preludi per flauto non accompagnato, Op.18
34.36 – Mozart Camargo Guarnieri:  Tre improvvisazioni per flauto solo
37.41 –  A. Piazzolla: Sei Tango-études per flauto solo
43 – Y. Umemoto: Volare per flauto solo
44 –  J. Cage: In a Landscape (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)
45 – E. Bosso: "Following, A Bird" incondizionato (Arr. For flute alone by C.Ferrarini)

*Note di G.Cangemi

Ricevo un messaggio del tutto inatteso a fine giugno di un anno, il 2020, in cui infine (finalmente?) sono esplose le troppe contraddizioni nella civiltà capitalistica e in ognuna e ognuno di noi:

“Ho appena finito di registrare per il mio ultimo lavoro discografico il nostro 'Bachman & Robin'. Ti mando il file. Spero ti piaccia, come è sempre piaciuto al mio flauto. Un abbraccio, tuo Claudio Ferrarini”

Nel gennaio 2001 Claudio mi chiese di comporre per lui un brano per flauto solo. Gli consegnai questo piccolo pezzo dal titolo improbabile. Ero ventenne e, compiuta la prima necessaria formazione, avevo cominciato a esplorare potenziale e potenza del mestiere di compositore di musica. Gli esiti del comporre perciò erano stilisticamente quantomai vari. Per un compositore molto giovane gli stili storici e del suo presente, e il gioco dialettico tra essi, costituiscono una grande attrattiva: il primo e più evidente strumento, in apparenza anche il più “facile”, per cercare di giungere a una propria e prima identità personale. Esplori e combini gli stili per individuare un tuo stile possibile magari anche vendibile prima possibile. Poi, auspicabilmente, vai oltre questo gioco di superficie: passi dal segno al senso, poi al suono, al dentro del suono, e a un certo punto, se sopravvivi alle dinamiche di mercato, riesci a veder le stelle tornando allo stile. Questo “andare oltre”, però, lo conosco e posso dire adesso, dopo ulteriori venti anni di far musica. Allora non lo sapevo. Quello che già allora sapevo, almeno un po', è che mi innervava un acuto senso della meraviglia. Amavo e amo studiare e adoperare la retorica e i suoi espedienti, sempre però in direzione de “il fin, la meraviglia” - per dirlo con le parole di Giovan Battista Marino – e con la volontà di raccontarci, incontrarci e comunicarci tra esseri umani nello spazio e nel tempo.

Ricordo che scrissi per Claudio queste due paginette “di getto”, quasi in tempo reale, non in preda a chissà che ispirazione (una cosa cui non credo: l'arte è mestiere quotidiano), ma certo abitato da un gran divertimento vagamente euforico: un flautista di rango aveva chiesto una composizione per i suoi concerti a un ragazzino sconosciuto, per nulla “testato” e “approvato” da chi gestiva e gestisce le dinamiche di mercato! Con sardonico piglio giovanile (d'altronde mi par coerente: ero giovane!) dedicai allora il brano “al temerario Claudio Ferrarini”. Diedi a queste due paginette un titolo improbabile, determinato dalle citazioni testuali e stilistiche di cui il piccolo pezzo è composto, e le consegnai a Claudio. Lui le suonò in contesti che a me parevano e paiono perfino imbarazzanti (un anglofono direbbe humbling): i suoi recital in cui il repertorio per flauto solo veniva attraversato da capo a fondo, e di conseguenza il mio nome, quello di un ragazzino con poca arte e nessuna parte, appariva accanto a quello di giganti e campioni del pensare e fare musicale.

Dopo un po' entrai in una sorta di crisi personale e civile, quindi artistica – il cui disagio riesco ora a rileggere anche come una reazione individuale all'omicidio generazionale perpetrato a Genova nello stesso anno in cui composi queste mie due paginette. Ma continuai a comporre, pur solo nel mio privato quotidiano, senza quasi manifestazioni pubbliche. Non sentii Claudio per oltre quindici anni, fino al giorno del messaggio col bel regalo di memoria e storia personale che vi ha allegato.

I social network ci danno la illusione di avere rapporti e relazioni, ma in realtà fan solo circolare informazioni in vario modo “depurate” dalla fisicità, dall'eros, dalla carne, dal suono vivo che si coglie con la pelle prima che con le orecchie. In questi ultimi quindici anni ho quindi avuto sì informazioni su Claudio e le sue belle realizzazioni, ma non saputo davvero di e con lui. Apro dunque il file, ascolto la registrazione dalle mie antiche due paginette, ed eccolo lì: il suono vivo. E “il fin, la meraviglia”. L'interpretazione di Claudio prende numerose e a volte notevoli licenze dal dettaglio notato in partitura, ma (e perciò!) ne coglie lo spirito e l'estetica, come se Claudio già all'epoca sapesse nel ragazzino compositore estetica e poetica future, e le realizzasse nonostante la volontà cosciente minutamente annotata nello spartito. Claudio per esempio non sapeva e non sa che quel ventenne avrebbe poi spesso prediletto notazioni meno o diversamente dettagliate di quella in queste due pagine, con la esatta volontà di inventare musica “che muove da me”, più che “mia”, includendo cioè l'interprete in scelte compositive, e in alcuni casi e contesti anche l'ascoltatore, e così dichiarando che la musica, anche in un singolo e individualistico foglio d'album, è sempre e comunque una realizzazione collettiva e relazionale. Non si sapeva dunque il futuro, ma Claudio l'aveva già colto, realizzando nella sua interpretazione intenzioni allora latenti, quando non ancora timidamente embrionali. Queste scelte peraltro Claudio le fa, e se le può permettere, perché è ben più che in grado di realizzare la lettera di ciò che è scritto: ci son giochi d'agilità, esattezza e tecnica avanzata, nella stessa notazione, che Claudio realizza con grande facilità. È quindi davvero la realizzazione dell'intenzione poetica ed estetica oltre e attraverso i razionalizzanti segnetti sul pentagramma. Nella realizzazione di Claudio delle mie due paginette trovo infatti tutti i giochi retorici di una estetica della meraviglia Barocca, illuminati e amplificati dalla interpretazione, e in alcuni passaggi da questa innescati senza che la notazione li suggerisca.

Claudio non si è fermato al giochino in apparenza postmoderno della citazione dissociante e spaesante, blandamente provocatoria - che a primo sguardo, e forse anche al secondo, sembra fondare le due paginette - ma è come se fosse entrato nel mio pensare e sentire, nell'intenzione del mio suono interno più che in quello lasciato sulla superficie delle cinque righe. Dribbla i quasi inganni post-modernisti del pastiche citazionista e polistilistico, e realizza le intenzioni del compositore che sarà: climax, contrasto, abruptio, catabasi, paronomasia, mimesis, politoto..., figure al servizio della volontà di individuare e inventare condivisione d'affetti e codice con chi ascolta, attraverso il suono, sia pure in un semplice divertimento.

Riconoscente rispondo allora al messaggio di Claudio, lo ringrazio di cuore per il dono generoso, e gli chiedo in compagnia di chi e cos'altro saranno nel suo album le due paginette che vent'anni fa mossero da me attraverso lui. Mi risponde con una teoria di nomi e titoli che han subito rinnovellato l'imbarazzo antico nel leggere il mio nome accanto a quello di giganti e campioni del pensare e sentire musicali. Non soltanto nella scaletta dell'album si trovano solide pietre d'angolo del repertorio per flauto solo del secolo XX ma anche alcune traduzioni per flauto, da altri strumenti, di musiche di ulteriori colossi della musica d'arte.

Forse anche per mettere a tacere l'imbarazzo, comincio allora a chiedermi se ci sia e quale sia la ratio nella selezione di queste musiche per un album di flauto solo.

È un vizio tutto novecentesco voler individuare percorsi razionalmente fondati, o almeno cornici logicamente coerenti, in grado di contenere diversità tanto evidenti e, nella più parte dei casi, fin scandalose all'occhio e orecchio del buon borghese. Ancora in troppi da questo vizio siamo affetti. La complessità del reale da noi percepito - amplificata dalla esposizione costante al sovraccarico di informazioni che ci soverchia a tempo pieno da ormai decenni - fa scattare la ricerca di cornici e percorsi in qualche modo semplificanti. È un conforto illusorio, autoconsolazione del sapiente che, presuntuoso, vuol convincere se stesso d'esser capace come individuo - anche isolato dalla necessaria intelligenza collettiva - di governare gli ordini ennesimi di complessità di cui ognuna e ognuno di noi è oggi al tempo stesso creatore, attore, vittima e vettore. Non ho vent'anni adesso, e ho formazione anche influenzata dagli ultimi colpi di coda del secolo scorso, e quindi in questo vizio son cascato anch'io con questo album di Claudio. Ora, non sono un musicologo (con la musicologia mi diverto, e in alcuni casi mi è pure utile, ma faccio altri mestieri), e però lo stesso comincio a trovare, nella selezione musicale di quest'album, diverse chiavi di lettura unificante, possibili percorsi tra linee di canto tanto diverse tra loro. Le traduzioni per flauto da musiche in origine per altri strumenti, e la varietà geografica, mi mettono un po' i bastoni tra le già traballanti ruote musicologiche. Comincio allora a prendere in mano le partiture di tutta questa musica, e individuo così qualche altra chiave possibile, ma una ratio ultima continua a sfuggirmi. Sì, la ricerca di categorie cogenti, oltreché spesso presuntuosa e quasi sempre pretestuosa, è a volte anche disperante.

A questo punto Claudio di nuovo interviene, con un altro regalo: mi invia i file per ascoltare, col mio pezzettino, anche tutte le altre musiche dell'album. Ascolto, e m'avvedo che l'approccio di Claudio alle nostre due paginette è in realtà un vero e proprio metodo, usato con ognuna delle musiche che compongono l'intero album. Abbandono allora il vigliacco tentativo di autoconsolazione da sapiente astratto, e realizzo che al centro di tutto, a unificare tanta diversità di storie e pensieri musicali, c'è semplicemente il suono vivo del soffio umano del musico, attraversante note e da esse attraversato, con una esatta e generosa intenzione di comunicare tra esseri umani - compositore, interprete, ascoltatore - anche al di qua e al di là dell'utile e delle logiche più astrattamente razionali.

Chi voglia cercare e indagare percorsi stilistici, tra storia e storie della musica e dei linguaggi del XX secolo e d'oggi, troverà in questo album di Claudio di che divertirsi a far connessioni o individuare contrasti tra stili, tempi e luoghi geografici o culturali, e tale gioco può pure spingersi, per gli specialisti, a riflessioni su connessioni e contrasti tra diverse scuole flautistiche, ma non è questa la ragion d'essere che innerva e rende vitale l'album. Il fine di Claudio è infatti la meraviglia: appassionare gli animi e smuovere gli affetti del pubblico, come a voler ricomporre fratture antiche, scongiurare il solipsismo implosivo ed esplosivo della civiltà capitalistica attuale, ricomponendo gli umani tra loro nell'ascolto condiviso anche a distanza di spazio e tempo.

Claudio realizza questo intento anche spingendo agli estremi possibili dentro e oltre i testi musicali, come un musico antico: di fatto ogni sua interpretazione è una traduzione, un processo che investe quindi non soltanto le traduzioni di musica in origine per altri strumenti ma anche il repertorio composto per il suo strumento. Tradurre – per abusare frustra battuta da semiologi - implica con facilità il rischio, quando non la necessità, di tradire. È un rischio che oggi dobbiamo correre, se davvero vogliamo affrontare, vivere, sopravvivere e attraversare la complessità del nostro reale attuale. Certo, occorre farlo con competenza, ragionando e approfondendo il testo, sia della vita che quello musicale, senza tentazioni di superficie, ma occorre farlo, adesso. Infatti senza trovare l'unità di ogni differenza in se stessi, nel proprio essere essere umano, e dunque senza assecondare i propri affetti e trasfonderli nell'arte – ogni arte – senza questo processo virtuoso non è possibile emozionare, appassionare, né quindi è possibile connetterci tra noi umani, uguali e diversi, uniti nella meraviglia.

“Nord e Sud”, mi dice ora Claudio che si chiamerà l'album. In realtà a me pare che ci siano pure, e soprattutto, l'Est e l'Ovest , forse perfino possibilmente ricomposti. “Nord e Sud” è forse allora titolo provocatorio, depistante? Vuol condurci in piste razionali o musicologiche per amplificare la meraviglia all'atto dell'ascolto? È in certo modo una bizzarria o un esercizio di sprezzatura? Non è ipotesi improbabile: Claudio si diverte a provocare, e del resto lo sa fare e se lo può ben permettere.

Gianluca Cangemi [Palermo, 27 luglio 2020]

 

 

 

 


 


E' nato RAINBOWS il mio primo albun POP
...

12 orizzonti sonori dove l'arcobaleno diffonde la sua luce nei cieli infiniti...

1. Rainbow
2. R`gnbvygn
3. Rukō
4. Arco iris
5. Qws qzḥ
6. Arcobaleno
7. Oyranio toxo
8. Gökkuşağı
9. Cǎi hóng
10. Sāy  rûng
11. Imvula
12. Reinboー

L'arcobaleno è la più bella carezza che Dio ha creato e dove regna la vera nascita della nostra anima...

All’anima che sa leggere nella mia, e che ne comprende le gioie e i dolori, voglio confidare queste parole: all’ alba della mia dipartita, al crepuscolo del sentiero che ho scelto, posso finalmente affermare, completamente in pace, che la nostra ferita, in questo mondo, non sta né nella ricchezza né nella povertà, ma nella nostra dipendenza da uno di questi due strati, nel fatto di immaginare che l’uno o l’altro possano offrirci gioia e libertà. Sta anche nel fatto di essere convinti che l’Altissimo Signore abbia bisogno delle sofferenze di noi creature, per aprirci la porta della sua luce. La nostra ferita, infine, è il convincimento che Egli abbia bisogno di sacrificarSi sotto forma di suo Figlio, o sotto forma umana al fine di salvarci. Chi mai, tranne noi stessi, per mezzo della purezza del cuore, potrà salvarci? In verità il Buon Signore mi ha mostrato che non vi era alcun riscatto, alcun sacrificio da perpetuare. Mi ha insegnato, in silenzio, che sarebbe bastato uscire dall’ ignoranza, dall’ oblio, e amare. Amare la vita in ogni forma, e con tutti i mezzi che la rendono bella, amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere. Possa tutto questo venir detto, un giorno, tanto alle donne come agli uomini; possa venir detto e insegnato meglio di quanto io abbia saputo fare, senza nulla respingere dell’Acqua né del Fuoco. Il mio augurio è che non ci siano più né Chiese, né preti, né monaci, niente di tutto questo: che vi sia soltanto l’Altissimo e noi, perché sta ad ognuno incontrarlo in se stesso. Ora che il velo si squarcia, voglio andarmene nudo come sono venuto al mondo. E non parlo della nascita del mio corpo, ma della vera nascita della mia anima, del giorno in cui ha trovato il coraggio di scendere più a fondo nella carne per offrirsi all’ Eterno, così in Alto come in Basso.” 

Francesco






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solo il cuore e il cervello le rendono invisibili
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