Claudio Ferrarini Newes & Gossip



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Nuova uscita
dal 29 Aprile in tutto il mondo

Sei Sonate di W.A.MOZART K.301 - 306

prima esecuzione mondiale

Arte Sonora A.S.4001 Bar code 8033433490010

Informazioni by CALIGOLA

via N. Sauro 1/B, 30171 Mestre (Venezia-Italy)
Tel-Fax +39.041.962205

www.caligola.it

Nuova uscita su iTunes

Sarti Pepusch

L'immortalita' e' per gli Dei, non per gli uomini e non e' cio' che bisogna cercare disperatamente in questa vita.



Musica in Hospice - Piccole figlie Parma
In occasione della presentazione del cd a sostegno dell'Hospice delle Piccole figlie di Parma




Nuovo CD

Riccardo Joshua Moretti:
Butterflies
Claudio Ferrarini & Riccardo Joshua Moretti

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23 maggio - 26 settembre 2010
ORLANDO IORI
IL DOTTORE DI PIAZZA POMPOSA
CINQUANT?ANNI DI INNOVAZIONE NEGLI STRUMENTI A FIATO


E se parlassimo di filosofia?

Dio, la scuola, il lavoro, l' economia che schiaccia e terrorizza: sono alcune delle domande che Umberto Galimberti ha distillato da un lungo dialogo con i lettori di un settimanale. Domande che danno vita a un nuovo libro (Il segreto della domanda), presentato dalla voce stessa dell'autore
.

Oggi questo articolo e' una scusa per farvi ascoltare un podcast di Umberto Galimberti, registrato per Radio Feltrinelli e gentilmente concesso dall' editore. Galimberti ha usato spesso la metafora del viandante per illustrare la condizione dell' uomo moderno e soprattutto l' atteggiamento che dovremmo tenere (l' etica del viandante) per quel che riguarda il nostro comportamento in un mondo che si e' fatto per molti versi troppo complicato per poter essere affrontato con strumenti tradizionali l' etica delle intenzioni, l' etica della responsabilita' . Strumenti che, a confronto con le sfide che ci presenta la realta' solo in piccola parte naturale, in prevalenza ormai costruita dall' uomo mostrano limiti forti e carenze disorientanti.

Sappiamo anche che molte delle difficolta' che incontriamo sono generate dal cambiamento prodotto da scienza e tecnica; e a giudicare da quel che vediamo, i cambiamenti si faranno ancora piu' grandi con una espansione tecnico scientifica in continua accelerazione. I supercomputer hanno raggiunto in questi ultimi mesi le capacita' di calcolo che molti stimano sufficienti a una simulazione funzionale completa del cervello. Si puo' essere scettici sul raggiungimento del traguardo, ma gia' le tappe intermedie ci creeranno abbastanza problemi nuovi!

Gli anni che stiamo vivendo ha scritto Galimberti nella prefazione al suo Parole nomadi hanno visto lo sfaldarsi di un dominio, e insieme hanno accennato quel processo migratorio che confondera' i confini dei territori su cui si orientava la nostra geografia. Usi e costumi si contaminano e, se morale o etica vuol dire costume, e' possibile ipotizzare la fine delle nostre etiche fondate sulle nozioni di proprieta' , territorio e confine a favore di un' etica che, dissolvendo recinti e certezze, va configurandosi come etica del viandante che non si appella al diritto, ma all' esperienza, perche', a differenza dell' uomo del territorio che ha la sua certezza nella proprieta', nel confine e nella legge, il viandante non puo' vivere senza elaborare la diversita' dell' esperienza. Senza meta e senza punti di partenza e di arrivo, che non siano punti occasionali, il viandante, con la sua etica, puo' essere il punto di riferimento dell' umanita' a venire, se appena la storia accelera i processi di recente avviati che sono nel segno della deterritorializzazione.

E se viandante deve essere l' uomo moderno, nomadi sono le parole che cancellando ogni meta e quindi ogni visualizzazione del mondo a partire da un senso ultimo, non stanno al gioco della stabilita' o delle definitivita', e percio' liberano il mondo come assoluta e continua novita', perche' non c' e' evento gia' iscritto in una trama di sensatezza che ne pregiudica l' immotivato accadere. L' analogia e' probabilmente piu' che un gioco di parole o un motto di spirito: il viandante moderno come portera' con se' nel suo viaggio le sue parole nomadi, se non con un lettore mp3? L' idea del podcasting sembra proprio un' immagine tecnologica del nomadismo: suoni che si distribuiscono attraverso la Rete e viaggiano con noi, ci possono raggiungere ovunque siamo o possono accompagnarci nel nostro vagabondare nel senso fisico del termine come in quello piu' ideale dell' esplorazione intellettuale o della riflessione filosofica.

Vi stupisce che in Apogeonline vi siano podcast di filosofi o altri studiosi che, di primo acchito, sembra non abbiano nulla a che fare con la tecnologia? Non dovreste. E per almeno due buoni motivi, ormai. Innanzitutto perche' la realta' editoriale di Apogeo da tempo copre un territorio piu' vasto dell' informazione e della manualistica tecnica: prima timidamente, poi con convinzione crescente ci siamo spinti verso la saggistica, scientifica e filosofica e la collana Pratiche filosofiche diretta da Umberto Galimberti e' uno degli esempi piu' chiari: ha superato ormai la ventina di titoli. In secondo luogo, proprio perche' molti degli interrogativi che ci poniamo oggi non saranno tecnologici, ma alla tecnologia sono fortemente legati e bastino per tutti un paio di esempi, come l' ingegneria genetica e dove finirebbe senza bioinformatica? o le nanotecnologie.

Siamo sicuri che anche a voi, come a noi in redazione, non interessa solo l' ultimo kernel di Linux o la lista dei parametri di una qualche astuta funzione di Java. Percio': buon viaggio con queste parole che la tecnologia ci permette di diffondere agevolmente a tutti. E ci sembra giusto cominciare proprio con Umberto Galimberti, il cui libro per i tipi di Apogeo Il segreto della domanda e' in libreria proprio in questi giorni. Speriamo di reincontrarvi qui. E che vorrete farci sapere che cosa ne pensate.

di Virginio Sala

Il mondo ora e' piu' povero...
Nello stesso giorno di un altro grande come Ingmar Bergman, e' mancato Michelangelo Antonioni.

Nello stesso giorno di un altro grande come Ingmar Bergman, e' mancato Michelangelo Antonioni.
Se ne sono andati insieme, Antonioni e Bergman, i due ultimi grandi del cinema e della cultura mondiale, del Novecento e non solo. Se ne sono andati insieme, quasi insieme volessero rompere il silenzio assordante della cultura, il silenzio assordante sulla cultura.
e' difficile scrivere di loro per chi non un critico o uno storico del cinema. Ed e' difficile dopo che sono stati versati in questi giorni fiumi dinchiostro sulla loro vita, sulle loro opere, sul loro eccezionale valore per la storia della cultura.
Ed e' ancora piu' difficile per me parlare di Michelangelo Antonioni, perche ho avuto lonore di potergli volere bene.
Ma la cosa veramente difficile e' parlare oggi di loro a delle generazioni che forse non hanno mai conosciuto le loro opere o, peggio, non ne hanno mai sentito parlare. E forse allora il punto proprio qui: nella tragica cesura culturale e storica - che oggi si e' creata tra generazioni. O forse si dovrebbe dire e' stata creata. Nella grande e sbrigativa voglia di chiudere un secolo e con esso cancellarne la memoria.
Nel dichiarare la fine del Novecento ci si affretta a dichiarare finita non solo quella storia ma anche la cultura che quella storia ha raccontato e accompagnato. E chi di quella storia e di quella cultura e stata la massima espressione.
Forse adesso i giovani cosi' amati da tutti e cosi' utilizzati da tanti per sostenere qualunque teoria politica, economica o sociale, ma cosi' abbandonati in balia di una cultura, di un sistema di valori e di un mondo senza speranza forse adesso potranno sentir parlare di due uomini che hanno dimostrato con le loro opere come e quanto il cinema sia unarte. E come arte emoziona e parla al cervello. E quanto le loro fossero opere darte ce lo diranno proprio quelli che ora - ma in realta' da anni sostengono che la cultura non incide sulla formazione delle persone, sulla loro capacit di capire se stessi e il mondo che li circonda (magari per poterlo cambiare, volendo), che la cultura e' una merce come le altre e quindi il mercato ne e' il giudice finale. anche grazie a chi la pensa cosi' che si deve il silenzio di tanti anni su Bergman e Antonioni.
Qualcuno scrivendo del regista svedese si e' posto questa domanda: come mai Bergman che raccontava dei tormenti dellanima e della relazioni tra persone fuori da una dimensione collettiva e sociale era anche molto amato dalla sinistra?. E a suo parere la spiegazione risiede nel fatto che il suo lavoro artistico ruotava intorno a interrogativi su tutto cie' che la politica troppo spesso finisce per rimuovere in nome di un universalismo che banalizza i sentimenti e le aspettative individuali. Un discorso analogo potrebbe essere fatto per Antonioni. Io penso che se quella generazione di sinistra e' potuta crescere e si e' potuta formare sulle opere di Antonioni e di Bergman come su quelle di Visconti o di Zavattini e' anche perche' pensava che anche con la cultura con la conoscenza di s e della realta'- si potesse cambiare il mondo, e con esso le vite di tutti.
Per parlare di nuovo di questi due grandi artisti si e' dovuta aspettare la loro morte. Sta a noi fare in modo che non torni il silenzio.

MICHELANGELO ANTONIONI:
l'ardito dal nessun compromesso! "Com''e' fotogenico il vento"

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I miti a cui si crede tendono a diventare veri George Orwell (1903-1950)
E' (quasi) tutta colpa loro
Ci avete scritto in moltissimi, abbiamo fatto la conta e lidra Eco-Camilleri-Faletti vince il primo premio tra I romanzi piu' brutti della nostra vita. Mettiamo alla gogna gli scrittori dItalia che ci fan male al cuore. Eppure il maligno si nasconde altrove. Vi sveliamo dove
di Davide Brullo


La pena di morte non si commina mai democraticamente. Il popolo, suino da sempre, segue le bizze del tempo, e colui che azzanna il collo di uno, il mese dopo potrebbe essere azzannato da qualcun altro. Diciamo allora che i nostri sette lettori sono sovrani, anzi no, giudici, e che noi siamo i boia, su', ma che lascia ce lhanno messa in pugno loro. A morte lidra mefistofelica Eco-Camilleri-Faletti, allora. Con il rischio che mozzata una testa ne ricresca unaltra, o peggio due. Mettiamola cosi': lArcinemico, il Satana, il Belzeb o il Baubau ci toglie parecchie torte dal forno e altrettante travi dallocchio. Come a dire, lo spirito patrio si fa dacciaio di fronte allinvasore, altrimenti le beghe si risolvono in cucina. Dopo tutto, una volta che sai dove sincista il male assoluto basta affilare il bisturi e scavare il bubbone, o al limite girarci al largo. Allora, dico io, magari il mostro uno e trino Eco-Camilleri-Faletti fosse un titano con gli attributi. Il rischio, credo io, che sia una colombella che non fa Pasqua e per cui nessun capro espiatorio allorizzonte o dietro la collina. Riavvolgiamo il nastro.

Tra Topolino e lAquinate
Umberto Eco quello che sappiamo, e il candidato numero uno al premio di satanasso del nuovo millennio. Una capoccia tanta che ha scoperto lacqua calda, cio Roland Barthes, e che passeggia con Topolino in una tasca e Tommaso dAquino nellaltra. Uno che ha fatto parte del famigeratissimo Gruppo 63, contro il quale Pasolini ne disse di cotte e di crude, e che preferisce Raymond Queneau su tutti in quanto scrittore-architetto che fa il gioco degli intellettuali, cio, per lappunto, gioca alla letteratura come al gioco delloca. Come Umberto il Sommo, infine, per cui la letteratura una variante degli scacchi, ed semmai la prima e prediletta artefice del caos sulla terra. La letteratura, ardita invenzione di Lucifero, non dice la verita' n la cerca ma la contraff, la sbertuccia, la stronca sul nascere. Eppure, visto che tutti siam quello che siamo, cio giornalisti che la vogliono sapere sempre pi lunga di chi ci sta accanto e che cadono nella trappola del divertimento intelligente, alzi la mano chi non si sollazzato leggendo Il nome della rosa. A onore dellEco va che tutti gli han fatto leco, apparecchiando spaventosi thriller medioevaleggianti. Solo che alla lunga la corda si strappa e il gioco stanca. Giu' Il pendolo di Foucault ammetteva pochi eletti, figuriamoci Lisola del giorno prima. Il fondo, riguardo al romanzo, si toccato con Baudolino. Ormai, vuoi grazie agli Angela Brother and Son, vuoi perch la spada che luccicava venticinque anni fa ora su' un poco arrugginita, quasi ogni stupidello ne mastica di storia medioevale. Allora quella rimasticatura delle piu' ruminate banalita' del Mezzo Evo, dove per Erodoto banchetta con Niceta Coniata, peraltro messe gi in una prosa sbadata e sbiancata, ci sta davvero sullo stomaco, senza speranza digestiva.
Daltro lato Umberto pur sempre Umberto, fa sigla a su'. Daltra parte, altrimenti, vi tocca Camilleri, che, ormai lapidario, un classico vivente, con la stessa faciloneria italidiota con cui si mescolano capra e cavoli, toma e Roma, gessi e fessi. Cos Andrea, ormai storia, fa storia nei Meridiani Mondadori assieme a Faulkner e Borges, a Kafka e a Paul Celan, ma non, ad esempio, con Herman Broch e Malcolm Lowry, con il Tolstj romanziere e con Fdor Tjutcev, che forse valgono meno di lui, chissa'. Che poi Camilleri non sia DArrigo, ma neppure Bufalino, questione che poco importa perch DArrigo non vende e Camilleri s. Che poi Faletti non sia Proust ma neppure il piu' bravo scrittore in Italia (lufficio meteorologico gestito da DOrrico, uno che, interpretando i bisogni del popolo suino e sovrano quanto questo, cio cambia gusti a ogni spirar di vento) un fatto, come vero che qualsiasi bestsellerista doltreoceano, ma pure un onesto scrittore di noir alla francese, lo battono con spensierata serenit. Vabb, si dir, per tu stai qui a fare il Tertulliano, mentre noi cerchiamo soltanto un libro agile, felice e schietto da portarci sotto lombrellone. Cari miei, lunione affettiva tra la letteratura e il mattone ve lha inculcata la scuola. Cari miei, non esiste scrittore di peso che non vi faccia, come dite voi, divertire. Un consiglio per lestate? Prendete i racconti di Truman Capote e poi passate a quelli di Isaak Babel e vedrete, leggetevi Rudyard Kipling e rasserenatevi.

Che senso ha la scrittura?
Cosi', ecco davanti a voi lidra, neofusti Eracle, poppanti Teseo. La quale, a dirla tutta, non fa poi cosu' paura. Il fatto, e sfondo il punto, che il problema non Eco-Camilleri-Faletti. Magari lo fosse, dico io. Ciascuno libero di scrivere e pensare quel che vuole, anche di scrivere e pensare male. Basta ignorarlo, non necessario metterlo alla gogna. Quello dello scrittore piu' bravo di chi un falso problema. O meglio, un problema verissimo e portentoso nel momento in cui gli scrittori bravi ci sono e sono riconosciuti come tali. Come a dire, battagliare acclamando Ungaretti piuttosto che Montale o Flaubert piuttosto che Balzac, meglio che districare il loglio nostrano da un altro genere di loglio.
No, il problema oggi pensare come si fa a lastricare il campo affinch quel genere di capolavori possa ancora nascere. Il che non riguarda soltanto il tenere ben ordinata la stanza del proprio eremo. Ovvero, lo scrittore si occupi soltanto di su' e della propria opera, ma chi nel posto che conta al momento giusto dovrebbe permettere a costui di essere premiato se merita il premio, indipendentemente dalla sacca di dobloni che gli reca o recher in grembo.
Il problema, in un tempo assediato da scritture, capire che senso ha la scrittura, se essa parte del regno dell'opinione, per cui lo scrittore un giornalista dotato di agile penna, o del regno della verita'
In che modo lo scrittore nel proprio tempo? Cosa vuol dire occuparsi del bene e del male, della salvezza o della perdizione, piuttosto che del precariato giovanile o della strage dei rifiuti in Campania? O meglio, con quale altezza di sguardo si parla della violenza microscopica e macroscopica che ci addosso e da ogni lato?

La tendenza, contraria a ogni ovvieta', che un libro funziona quando di quel libro se ne parla nei posti che contano. Ergo: un libro per funzionare non deve essere eccellente, cioe' creare scrittura e pensiero, ma andare dietro al gia' detto da altrui. Ogni settimana eleggiamo lo scrittore del secolo, dopo due mesi se non urli e strepiti sei in cantina, tra il vino avariato. E la critica letteraria, che dovrebbe fare lavoro di diga e setaccio, si difende o nascondendosi nei cespugli, cio non insozzandosi le mani, o facendo il gioco del mondo dello show. Cosi' la letteratura, da sempre forma di resistenza al mondo e alluomo e al caos, si arrende allo stato dei fatti, scomparendo. Storia vecchia il si stava bene quando si stava peggio, ah, i beati decenni della mia giovinezza e queste storie qua. La nenia ci da' noia, ma ripeterla oggi funziona. Senza rischiare di fare i vecchi della montagna e i matusa, basti guardare a un notevole volume uscito da pochissimo, Libri e scrittori da collezione. Casi editoriali in un secolo di Mondadori (a cura di R. Cicala e M. Villano, Isu Universita' Cattolica, Milano 2007, pp.334, e18,00). La storia magnifica della grande casa editrice insegna una regola banale cosi': guai a chi pensa che con i libri si fan dindi come con le lavatrici. Come a dire, non e' il libro che plana e si abbassa verso il gusto del lettore, ma costui che sinnalza ad acciuffarlo. Il libro ha una gittata che da qui va verso linfinito e oltre, e chi lo pubblica, e chi fa il Salomone scegliendo i buoni e i cattivi, deve tenersi una bussola eticamente orientata.

La battaglia, in sostanza, si faceva un di' a colpi di autori e di eccellenze. A chi legga, ad esempio, il capitolo Per una storia della Medusa (firmato da Velania La Mendola) non possono non fiorire lacrime agli occhi. Al di la' degli autori proposti, alcuni dei quali cacciati oggi in orrenda soffitta (chi si ricorda Richard Aldington e Marcus Lauesen o la vendutissima, allora, Pearl S. Buck? Alzi la mano chi conosce oggi Wilhelm Von Scholz e Lion Feuchtwanger e David Garnett), conta lidea: Il punto capitale su cui naturalmente deve fondarsi la sua Casa per battere le altre collezioni similari, quello di creare la certezza nel pubblico che sotto quella tal copertina si trovano invariabilmente romanzi eccellenti e degni di essere letti (Lorenzo Montano ad Arnoldo Mondadori, 6 maggio 1931, in una prima bozza della collana che nascera' nel 1933).
Non scherziamo. Negli anni Quaranta Einaudi e Mondadori si menavano per pubblicare America di Franz Kafka e ottenere lopera completa di Hemingway. Come ventanni fa. Anzi, peggio
Questa e' la realta', e questa la voragine dove stiamo piombando senza piccozza. Perche' questo s' un tempo in cui a nessuno va di porsi la questione di dove va a finire la letteratura, se in una strada chiusa o in uno spiazzo. Perch a tutti va di coltivare il proprio campicello ignorando quello altrui, e sempre e comunque vale la regola che limportante e' esserci sempre e comunque, indipendentemente da clice' che si e' e da ci che si scrive, per cui tanto vale non domandarsi piu' sul valore delle cose, tanto vale fare del mondo una tavola rasa dove c posto per tutti, purch si sia educati.
Cosi' questo il tempo in cui se stimoli qualcuno alla provocazione questo qualcuno ti ignora perche' lindifferenza gli consente di continuare ostinatamente a fare il baciapile nonostante la morte incomba su di lui come sulla formica che passeggia sullo stelo. Perche' oggi e' come ieri, cioe' come ventanni fa, solo, peggio, molto peggio. La Medusa muore nel 1971, poi risorge, rifatta, nel 1979, poi muore ancora. Giovanni Raboni, a cui fu chiesta una consulenza allinterno della collana, molla il colpo il 1985, e scrive una lettera a Leonardo Mondadori che brucia ancora oggi. La scarsissima presenza, negli attuali programmi della Mondadori, di un lavoro di ricerca e valorizzazione di nuovi autori, sia nel campo della poesia che in quello della narrativa, mi rendono praticamente impossibile fare lunica cosa che so davvero fare: proporre, e aiutare a scegliere, libri non ovvii, libri nuovi, libri letterariamente credibili. Eccelso Giovanni. Altro che lidra Eco-Camilleri-Faletti, magari bastasse eliminare quella. Il maligno, come sempre, si nasconde negli anfratti e agisce con ben altra letale, pervasiva potenza.

di Davide Brullo
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Omaggio a P.P.Pasolini


LA CREAZIONE DEL MITO DEL DIRETTORE D'ORCHESTRA NORMAN LEBRECHT

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Ogni epoca si inventa i propri eroi. Il guerriero, l'amante e il martire colpirono la fantasia medievale. I romantici venerarono il poeta e l'esploratore; i rivolgimenti industriali e politici posero su un piedistallo lo scienziato e il riformatore sociale. L'avvento dei mass media ha permesso di fabbricare idoli su misura per i vari gruppi di consumatori: pop star per gli adolescenti, dive dello schermo per i sentimentali, personaggi di cartapesta da soap opera per i patiti del teleschermo, campioni dello sport per i pi energici, terroristi e dirottatori per gli oppressi, e filosofi pop per i chiacchieroni da salotto. Gli eroi hanno la funzione di una valvola di sicurezza nella pentola a pressione della societ. Permettono agli ometti occhialuti di identificarsi in modo innocuo con Sylvester Stallone anzich prendere a pugni il principale, e alle ragazze timide di riversare la loro castit, con la fantasia, nella sessualit ostentata di Marilyn Monroe e di Madonna. Sono tutti sogni che non hanno relazione con la realt concreta. I poster del guerrigliero sudamericano Che Guevara, un tempo onnipresenti nelle camere da letto dei giovani, non preannunciavano affatto un'incipiente rivoluzione giovanile nei sobborghi eleganti. Il Che, come forza politica, era un elemento di disturbo piuttosto limitato per qualche lontano regime. Ma, in quanto icona, serviva a sfogare le frustrazioni e le aspirazioni dei giovani benestanti nell'Occidente corrotto. Questi eroi popolari sono miti nel senso letterale della parola, in quanto inconsistenti oppure del tutto fittizi. Le divinit culturali non sono diverse. Andy Warhol e Jeff Koons hanno dimostrato che un artista non deve essere necessariamente originale per venire celebrato; il nome di Karlheinz Stockhausen noto agli amanti della musica che non hanno mai ascoltato una sola nota composta da lui. La loro fama non dovuta tanto a ci che inventano quanto al mito che rappresentano.Il grande direttore d'orchestra un eroe mitico di questa specie creato artificialmente per uno scopo che non ha nulla a che vedere con la musica, e sostenuto dalla necessit commerciale. La direzione d'orchestra come attivit a tempo pieno un'invenzione sociologica, e non artistica, del ventesimo secolo, ha riconosciuto Daniel Barenboim, [1] un membro eminente della Categoria. Non esiste una professione alla quale un impostore possa accedere con pi facilit, scrisse l'acuto e tollerante violinista Carl Flesch. [2] Il direttore esiste perch l'umanit chiede un capo visibile o almeno una figura-guida identificabile. La sua raison d'tre musicale del tutto secondaria rispetto a questa funzione.
Il direttore d'orchestra non suona strumenti, non produce alcun suono; tuttavia proietta un'immagine del far musica sufficientemente credibile per permettergli di sottrarre gli applausi a coloro che in realt quei suoni hanno creato. In termini musicali, sostenne il polemista Hans Keller, [3] l'esistenza del direttore d'orchestra sostanzialmente superflua, e bisogna raggiungere un livello elevato di stupidit musicale per credere che osservare il movimento della bacchetta o la faccia inane dei direttore sia pi semplice, allo scopo di sapere quando e come suonare, di quanto lo sia ascoltare semplicemente la musica. Questa eresia, espressa in modo meno garbato, la si sente ripetere ogni volta che i professori d'orchestra si radunano per sfogare i loro motivi di insoddisfazione. Troppi individui di questo genere sono maestri dei gesto brillante, ebbe a protestare il flautista James Galway, [4] gia' della Filarmonica di Berlino. Un cattivo direttore d'orchestra la maledizione della vita quotidiana di un musicista, mentre uno bravo non molto meglio. D'ordini superflui e offensivi, pretende un'obbedienza sconosciuta al di fuori dell'esercito e riesce a guadagnare in un concerto una somma pari a quella con cui viene pagata l'intera orchestra. Eppure, quando si tratta di organizzare una stagione, sono gli stessi strumentisti che eleggono i direttori o li inventano. Il mito ha inizio con la loro muta sottomissione. Gli orchestrali sono una razza dura che si scioglie al movimento della bacchetta magica di uno stregone. Dicono [5] che Arthur Nikisch doveva soltanto entrare in una sala perch tutta l'orchestra suonasse meglio. Erano gli orchestrali a parlare della magia che rendeva Arturo Toscanini e Wilhelm Furtwngier diversi da tutti gli altri mortali. Leonard Bernstein, diceva uno di loro, mi fa ricordare perch volevo diventare musicista. Con un impulso senza parole, un direttore eccezionale pu cambiare la chimica umana nella sua orchestra e nel suo pubblico. Elias Canetti, pensatore avverso all'autoritarismo, ha inteso tutto ci come una manifestazione di un'autorit quasi divina:
I suoi occhi tengono soggiogata l'intera orchestra. Ogni esecutore ha la sensazione che il direttore lo veda personalmente e soprattutto lo senta... Egli si trova nella mente di ogni suonatore. Non soltanto sa quel che deve fare ciascuno, ma sa ci che sta facendo. l'incarnazione vivente della legge positiva e negativa. Le sue mani decretano e proibiscono... E dato che, durante l'esecuzione della musica, non deve esistere altro che questa attivit, ebbene, per quel tempo il direttore il padrone del mondo. [6]
Per l'ascoltatore, il direttore rappresenta una duplice forma di evasione dalla realt: il desiderio di perdersi nella musica unito all'impulso di sublimarsi nelle azioni della figura onnipotente sul podio. Il direttore un eroe in modo evidente: i suoi gesti vengono inconsciamente imitati con un dito sul bracciolo della poltrona della sala da concerti oppure, a casa, con il movimento del braccio davanti allo specchio del bagno, come accompagnamento della musica registrata. Riprodotto su disco e in video, il mito del maestro si sviluppato in un culto mondiale che mette in moto una valanga di denaro.
Una forma di adorazione estremamente raffinata. Il direttore non mai un eroe delle masse, l'idolo di un'lite. Per il comune tifoso di calcio e per il genitore single che campa grazie ai sussidi dello Stato, egli rappresenta semmai una condizione irraggiungibile di privilegio. Soltanto Toscanini e Bernstein erano famosi come rock star, e per ragioni che non avevano nulla a che vedere con la loro arte. Il direttore d'orchestra non un eroe popolare, bens l'eroe degli eroi; l'incarnazione del potere agli occhi degli onnipotenti. Non esiste un'espressione del potere pi ovvia dell'esibizione di un direttore d'orchestra, osserv Canetti. [7] Ogni particolare del suo comportamento pubblico getta luce sulla natura del potere. Qualcuno che non sappia nulla del potere pu scoprirne uno dopo l'altro tutti gli attributi osservando con attenzione un direttore. I personaggi potenti diventano devoti ammiratori. Margaret Thatcher, primo ministro britannico, invidiava apertamente l'assolutismo di Herbert von Karajan. [8] Richard Nixon, alle prese con il Watergate, trov il tempo d'inviare gli auguri di guarigione a Leopold Stokowski e di crogiolarsi nella musica dell'orchestra di Filadelfia da costui fondata. Ogni Maestro famoso che mettesse piede in Germania quando era al potere Helmut Schmidt veniva invitato a cena alla Cancelleria. Persino la Francia, descritta dal suo ministro della cultura [9] come un Paese antimusicale, ebbe presidenti che si occuparono del rimpatrio di Pierre Boulez e dell'insediamento di Daniel Barenboim alla Bastiglia. I festival salisburghesi di Karajan erano meta di pellegrinaggio dei massimi dirigenti dell'industria pesante tedesca. Un magnate giapponese dell'elettronica divenne un suo accolito. Uno dei maggiori fornitori della difesa britannica si faceva portare dal jet dell'azienda dovunque dirigesse Riccardo Muti. I maestri sono sempre stati onorati con decorazioni e titoli. La gente sente il bisogno di ricompensarlo, rifer un intimo di Bernstein.[10] L'establishment britannico, che trascura i compositori, ha accordato titoli a innumerevoli direttori; Oxford assegn una laurea honoris causa a Karajan senza che egli avesse dato un contributo culturale rilevante. Bernstein, che ben poco fece per la Francia, fu insignito della prestigiosa Legion d'Onore. Lorin Maazel, un musicista tutt'altro che diplomatico, fu nominato ambasciatore di buona volont dal segretario generale dell'ONU; [11] Riccardo Muti divenne ambasciatore dell'Alto Commissariato per i Profughi senza aver mai visto in tutta la vita la recinzione esterna di un campo profughi.
Sono onori che possono essere insignificanti, ma sono religiosamente elencati nei comunicati stampa dei direttori d'orchestra e servono a rafforzare il loro mito. Indicano una comunione dell'autorit e della posizione sociale con le persone pi potenti della terra. In cambio, monarchi e presidenti sperano di condividere un po' della magia indefinibile del maestro, gli aspetti leggendari del suo mito. Oltre alla sagacia e a un'innegabile abilit, ai direttori stato attribuito il possesso della chiave della vita e del vigore eterno. Pierre Monteux, a ottant'anni, chiese alla London Symphony Orchestra un contratto venticinquennale, rinnovabile per mutuo consenso. A novantun anni Stokowski firm un accordo discografico decennale con la RCA. Toscanini e Otto Klemperer continuarono la loro attivit anche dopo gli ottant'anni. Il fatto che molti altri siano morti relativamente giovani (Gustav Mahler a cinquant'anni, gli ungheresi Istvn Kertsz e Ferenc Fricsay a quarantatr e quarantotto, e i padri fondatori Blow e Nikisch prima dei settanta) non altera il mito, come non lo alterava la vista del vecchio Karl Bhm che dormicchiava sul podio mentre la sua orchestra continuava a suonare. I direttori famosi hanno in comune con i politici la riluttanza a cedere il passo ai pi giovani.
L'alone magico che li circonda viene ulteriormente dilatato dalle dicerie sulla loro rapacit sessuale. Klemperer fu aggredito sul podio da un marito geloso e Malcolm Sargent si prendeva continue libert con le mogli dei colleghi. Nikisch aveva sempre un brillio malizioso negli occhi e, in quanto a Furtwngler, si diceva che si facesse una donna diversa nella sua stanza prima di ogni concerto. Al contempo, la comunione con lo spirito dei compositori defunti conferisce ai direttori un'aura sacerdotale, e ai loro concerti la solennit di un sinodo ecclesiale. Questo cocktail di potere spirituale e di prestanza fisica ha prodotto un eroe che i musicisti e gli ascoltatori hanno potuto invidiare ed emulare in segreto. Il direttore d'orchestra, un golem creato per uno scopo preciso, ha reagito prontamente al mutare dei gusti. Pu aver dato l'impressione di vivere sull'Olimpo, ma sempre stato sensibile ai capricci popolari e si adattato per sopravvivere. Ogni direttore importante stato un figlio ben riconoscibile del suo tempo, condizionato dal clima sociale e rappresentativo dell'etica predominante.
In un periodo di espansione territoriale, Hans von Billow era l'imperialista, Nikisch e Richter gli amministratori coloniali. I generali irremovibili come Stokowski e Koussevitzky conquistarono il podio durante la prima guerra mondiale. Nell'et dei dittatori furono seguiti da un tiranno, Toscanini, e da un pacificatore, Wilhelm Furtwngler. Georg Szell e Fritz Reiner furono i guerrieri freddi di un'epoca di austerit. Herbert von Karajan, modellato dai nazisti, trasform la sconfitta in un miracolo economico personale. I libertari anni '60 produssero il trionfo di Bernstein, amore e pace e camicie forate alle prove. Le manie materialistiche dei decenni successivi produssero direttori che si comportavano come dirigenti d'azienda votati alle acquisizioni, e vivevano come Donald Trump. Questi non sono artisti, disse un estraneo che aveva ascoltato per caso la conversazione tra l'autore di questo libro e un anziano e noto professore d'orchestra berlinese a proposito dei direttori. Sono uomini d'affari.
Il trionfo del capitalismo ha portato la direzione d'orchestra al suo livello pi basso. Soltanto un gruppetto di personaggi promettenti al di sotto della quarantina si fatto avanti per prendere il timone nel prossimo secolo, mentre la professione non riesce a rinnovarsi. Dove sono finiti tutti i direttori d'orchestra? si chiedono i vistosi titoli di tanti articoli allarmati.[12]
La crisi della direzione d'orchestra ha due facce. C' scarsit di talenti genuini, e una preoccupante superficialit nello stato dell'interpretazione sinfonica. Brahms, Bruckner e Mahler vengono eseguiti pi spesso che mai, ma con penetrazione assai inferiore. Non una crisi isolata, ma ha origine nelle societ che hanno prodotto il Maestro e il suo mito. Il direttore non altro che uno specchio deformante del mondo in cui vive, un homo sapiens ingigantito. In quanto tale, la sua evoluzione rivela molte pi cose sulla natura della societ e della morale del ventesimo secolo che non sulla musica dello stesso periodo. La storia della professione di direttore d'orchestra inseparabile da quella delle istituzioni che vengono dirette. I grandi direttori creano grandi orchestre; quelli deboli ne causano il rapido declino. La cartina di tornasole per la capacit di un Maestro il suo impatto su un complesso consolidato. Un novizio venticinquenne che si chiamava Simon Rattle trasform un'orchestra stizzosa e demoralizzata di Birmingham in qualcosa che diede onore alla citt. Leonard Slatkin ottenne lo stesso risultato a St Louis, nel Missouri, e altrettanto fece Mariss Jansons a Oslo.
La Filarmonica di Berlino gode del primato fra le orchestre grazie alla straordinaria successione di Blow, Nikisch, Furtwngler e Karajan. Condivide la posizione al vertice con la Filarmonica di Vienna, il Concertgebouw di Amsterdam, una delle quattro orchestre di Londra e le Cinque Grandi americane: Boston, Chicago, Filadelfia, Cleveland e la Filarmonica di New York.
La Scala primeggi nell'opera italiana sotto Toscamm, De Sabata, Serafin e Abbado; Vienna ha occupato la prima sfera nell'opera internazionale dai tempi della direzione di Mahler, attraverso quelle di Strauss e Bruno Walter, fino a Karajan, Maazel e Abbado. Il Covent Garden e il Metropolitan di New York sono gli altri pilastri della grande tradizione operistica.
Altri contendenti sono forti o deboli secondo il calibro dei loro direttori. La Filarmonica Ceca ebbe un posto di rilievo sotto Talich e Kubelik, l'Orchestra Sinfonica della BBC sotto Boult e Boulez, l'Opera di Dresda all'epoca di Fritz Busch, e Minneapolis quando il direttore era Dmitri Mitropoulos. Nessuno fu in grado di mantenere il loro livello di eminenza quando non poterono pi contare sui loro direttori. Non ci sono cattive orchestre, diceva polemicamente Mahler. Ci sono soltanto cattivi direttori. La professione nacque a met del secolo scorso quando i compositori abdicarono alla responsabilit di dirigere le loro opere, troppo complesse perch le orchestre le eseguissero senza una guida. Il direttore emergente, liberatosi dal dominio psicologico del compositore, afferm il proprio ruolo dapprima come personaggio cittadino, quindi nazionale, e finalmente internazionale, in armonia con lo spirito dell'epoca moderna. I suoi ideali si plasmarono nel corso di una dozzina di decenni; e se all'inizio covavano l'effimera speranza di un'esecuzione perfetta, passarono all'aspirazione di imprimere su superfici indelebili un concetto definitivo ed eterno del modo in cui si deve suonare la musica. I dischi e i film hanno dato al direttore una celebrit mondiale e l'investitura della grandezza. Il concetto del Grande Direttore una favola inventata per la conservazione dell'attivit musicale in un'epoca in cui vi sono molte e diverse offerte per il tempo libero. Durante l'ultimo mezzo secolo, il numero delle orchestre di professionisti in tutto il mondo raddoppiato fino a sfiorare le cinquecento, mentre il numero dei direttori di valore inesorabilmente diminuito. Ogni orchestra deve vendere pi di trentamila posti per stagione, e ognuna ha bisogno di un direttore divo per riuscire ad attrarre gli appassionati distogliendoli dagli hi-fl e dai televisori (Divi una parola stupida, dice Georg Solti.[13] I divi sono divi semplicemente perch viaggiano troppo). In assenza del vero talento, le orchestre ripiegano sulle manie di grandezza delle case discografiche, ognuna delle quali, per ragioni commerciali, pretende di avere dieci o pi direttori di fama mondiale.
Gli orchestrali diventano complici di questo inganno, e hanno motivo di pentirsene. La loro professionalit cresciuta in misura inversamente proporzionale alla qualit dei direttori con cui hanno a che fare. I musicisti delle orchestre principali riconoscono al massimo sei maestri degni di dirigerli; con gli altri, digrignano i denti e guardano soltanto la parte sul leggio.[14] molto difficile per un professore d'orchestra, dopo aver lavorato per trent'anni con i pi grandi, trovarsi alle prese con un nuovo arrivato che sale a dirigere una Sinfonia di Brahms, spieg un eminente concertista. Quando lavoro con un direttore mediocre, io comincio a pensare: ne avremo per due giorni, e devo creare un'atmosfera piacevole per l'orchestra... Poich sa che i suoi mezzi di sussistenza dipendono dalla vendita dei biglietti, nessun orchestrale cos avventato da mettere in pericolo cento posti di lavoro denigrando i direttori.
Le orchestre e le case discografiche sono colpevoli solo in parte della diffusione del mito del Grande Direttore. Nonostante l'attenzione che possono attirare, le case discografiche classiche sono relativamente piccole e idealistiche, con una media di duecento dipendenti e incassi non astronomici. Molte, vero, sono propriet di multinazionali, ma il posto della DG, o della Decca nell'ambito della potente Philips (che ha alle dipendenze trenta milioni di persone in tutto il mondo) prestigioso quanto minuscolo. Smaniosi di trovare direttori, i dirigenti finiscono per lasciarsi manovrare dagli agenti, pronti a spingere qualcuno che pu sembrare un Maestro e che assicura loro una sostanziosa percentuale dal dieci al venti per cento.
L'ascesa degli agenti dal potere illimitato uno degli aspetti pi preoccupanti della crisi della direzione d'orchestra, e si pu sostenere che ne sia la causa principale. Negli ultimi vent'anni, con il declino della quantit e della qualit dei direttori migliori, i Maestri sono diventati infinitamente pi ricchi, i loro manager personali molto pi potenti. Se un agente controlla un numero sufficiente di direttori, pu imporre le condizioni ai promotori e ai produttori discografici, e affibbiare pseudodirettori al pubblico ignaro. I direttori fasulli hanno incominciato ad abbondare sul podio, conquistando fama e ricchezza soprattutto in Giappone, dove i criteri di discriminazione musicale sono meno raffinati tra i frequentatori dei concerti. Gli sviluppi recenti hanno dimostrato che Abraham Lincoln aveva torto: oggi un direttore d'orchestra pu ingannare sempre tutti.
E allora, come distinguere un talento genuino da un brillante impostore? Data la natura nebulosa indeterminata della direzione d'orchestra impossibile definire l'arte di buon direttore. Rattle, per esempio, non in grado di spiegare gran parte di ci che fa. Vi sono certe cose che bisogna accettare nella loro esile natura, e una di esse la musica. Se si cerca di inchiodarla al muro, finita, disse. [15] una sensazione strana, che tutti dovrebbero provare, ha detto Riccardo Muti. Fai un gesto nell'aria ed esce il suono... [16]
Nessuno ha mai spiegato perch un uomo, con un gesto fisico svolazzante, pu trarre una reazione esaltante da un'orchestra mentre un altro, con gli stessi gesti e parimenti sincronizzato, produce un suono opaco e tutt'altro che eccezionale. Non basta essere un genio della musica. Da Beethoven in poi, molti compositori sono stati umiliati sul podio, e molti solisti geniali sono ritornati intimiditi ai loro strumenti. Il vantaggio che ho su tutti i direttori, dichiar James Galway [17] quando, pieno di speranze, intraprese una carriera sul podio, il fatto di aver suonato nell'orchestra migliore del mondo, la Filarmonica di Berlino, sotto alcuni dei pi grandi artisti del secolo. E so che ci sono cose che posso fare meglio. Ma risult che aveva torto, come altri strumentisti eccellenti che cercarono invano di spiccare il salto. L'atto fisico di dirigere un'orchestra si pu imparare facilmente; l'aspetto intangibile, spirituale, deve venire da qualcosa di interiore. Una personalit imponente non basta per impressionare un'orchestra. I suonatori esperti sono in grado di dire dopo dieci minuti se un nuovo arrivato possiede o no la dote misteriosa. Quando un uomo si trova di fronte all'orchestra, sappiamo subito se un Maestro o no, e lo comprendiamo dal modo in cui sale i gradini del podio e apre la partitura... ancora prima che prenda in mano la bacchetta, scrisse il padre di Richard Strauss, suonatore di corno a Monaco, molto critico nei confronti dei direttori.
Storicamente, i grandi direttori hanno in comune orecchio acuto, carisma per ispirare immediatamente gli strumentisti, volont di spuntarla, grande capacit organizzativa, efficienza fisica e mentale, ambizione inflessibile, intelligenza potente e un naturale senso dell'ordine che permette loro di arrivare al nucleo dell'arte, diritti attraverso migliaia di note sparse. Questa capacit di conseguire una visione generale della partitura e di comunicarla ad altri l'essenza dell'interpretazione. Poich, per usare un'espressione di Alexander Pope, l'ordine la prima legge celeste, la sua imposizione viene concepita come un atto semidivino che circonfonde il direttore di un'aureola eterea agli occhi degli orchestrali.
Non tutti i direttori importanti hanno posseduto tutte le caratteristiche necessarie. Molti, nel passato e nel presente, hanno avuto e hanno scarsa cultura e un'intelligenza non superiore alla media, per esempio Hans Richter e Serge Koussevitzky. Alcuni erano irrimediabilmente disorganizzati, deboli fisicamente e privi di ambizione, ma superdotati delle altre caratteristiche in misura sufficiente per avere successo. I requisiti fondamentali della professione sono cambiati ben poco in un secolo e mezzo.
Gli esecutori sanno, nel momento in cui accostano l'archetto alle corde, se hanno a che fare con un comunicatore eccezionale. I membri di un'orchestra da camera abituati a lavorare con direttori piuttosto fiacchi si trovarono a suonare Mozart in Svizzera per due settimane con Georg Solti. Non soltanto il loro timbro cambi immediatamente, ma dichiararono di aver conservato il suono Solti nel loro modo di eseguire la musica per altri due mesi. Alcuni credono di sentire ancora Klemperer nel modo di suonare della Philharmonia, quasi vent'anni dopo la sua morte. Un direttore ospite che provava Tristano e Isolda alla Scala chiese a Victor De Sabata di prendere la bacchetta mentre andava ad ascoltare il suono al centro della sala. superfluo aggiungere che il suono che sentiva era completamente diverso da quello che aveva prodotto lui. De Sabata, senza pronunciare una parola, aveva imposto il suo dominio all'orchestra con la sola presenza. E questo uno dei segni caratteristici di una figura dominante.
Un'altra la capacit di dare vita a un'opera d'arte nuova. Il 19 novembre 1923, per celebrare il giubileo dell'unione di Buda e di Pest, il compositore-direttore ungherese Ern von Dohnanyi diede tre prime importanti: la sua Ouverture-festiva, l'emozionante Psalmus Hungaricus di Zoltn Kodly e, fra l'una e l'altro, la Suite di danze di Bartk, che fu un clamoroso fiasco. [18] Dohnanyi non riusciva a trovare la strada in questa musica, e naturalmente non riuscivano a trovarla neppure gli orchestrali, scrisse il suonatore di celesta. Bartk, nel sentire quel caos, comment: Be', sembra che io non sappia orchestrare. [19] Poco pi tardi, la Filarmonica Ceca si rec a Budapest. In nome del buon vicinato, Vclav Talich mise in programma una recente partitura ungherese, la Suite di danze di Bartk. Il pubblico, che all'inizio era preoccupato, impazz d'entusiasmo e costrinse Talich a concedere il bis della Suite dall'inizio alla fine. Bartok disse: Be', sembrerebbe che io sappia orchestrare. [20] Talich aveva diretto la stessa partitura; ma evidentemente era un direttore superiore a Dohnanyi e aveva applicato una maggiore sensibilit al difficile ritmo. Los Jancek aveva l'assoluta certezza che egli riuscisse a migliorare le sue partiture; e Talich ristrument quasi tutta la tragedia d'amore Kta Kabanova. Un metro con il quale si pu misurare un grande direttore la musica nuova cui ha saputo dare vita.
Alcuni Maestri comunicano con gli occhi, altri con tutto il corpo; alcuni parlano e gridano, altri dicono poco o nulla. Di Richter si affermava che non avesse un segreto: Molto semplicemente conosceva il suo lavoro; era un grande economizzatore di tempo e teneva parecchio alla disciplina. I musicisti delle altre orchestre non riuscivano a capire come gli orchestrali della Filarmonica di Berlino riuscissero a decifrare i movimenti ondeggianti delle braccia di Furtwngler, che non davano alcuna indicazione letterale del numero dei tempi in una battuta. Toscanini, al contrario, batteva il tempo come un metronomo. Entrambi erano direttori famosissimi, ma nessuno dei due si pu spiegare in termini scientifici. Avevano in comune un mistero inesplicabile che rafforzava un mito collettivo. La perpetuazione di un mito richiede la connivenza di scrittori docili. I critici musicali hanno contribuito in modo significativo, anche se involontario, al culto del Grande Direttore, non solo adottando il termine come una frase fatta ma modellando il loro atteggiamento e persino il vocabolario al fine di consolidare questa mitologia. Ogni critico ha il suo Maestro preferito che, con ogni probabilit, la bestia nera di un altro. Questa partigianeria il pepe della letteratura musicale, e la controversia contribuisce ad aguzzare le facolt critiche delle diverse parti in causa. Nei confronti dei direttori, comunque, c' una tendenziale simpatia. I tenori possono essere ridicolizzati senza pericolo, la pomposit dei pianisti pu essere sgonfiata con la satira: ma i Maestri, come razza, sono sacrosanti, le loro virt vengono esaltate, i loro peccati nascosti. Alcuni critici si lasciano travolgere dal carisma, altri dalla ricchezza e dal potere. Toscanini era morto da trent'anni quando qualcuno si decise finalmente a scrivere una critica seria del suo modo di dirigere. Furtwngler ancora venerato come un semidio. I critici hanno tollerato o addirittura esaltato il comportamento bestiale di Koussevitzky e di Szell; hanno elogiato le qualit spirituali di uomini le cui attivit sociali e fiscali sconfinavano nel criminoso hanno protetto gli inetti e lodato quelli appena discreti.
Ogni tanto pu capitare che attacchino un esemplare particolarmente disastroso; ma nei confronti della professione nel suo complesso dimostrano una reverenza che non viene accordata a nessun'altra categoria. Le interviste per i periodici discografici si svolgono su toni ossequiosi, accattivanti e umilissimi. Le stesse riviste contano molto sulla pubblicit delle case discografiche; spesso degenerano in una parodia del giornalismo commerciale, e pubblicano soltanto ci che gli inserzionisti vogliono far sapere ai lettori.
Gli scrittori di argomenti musicali hanno addirittura modificato il linguaggio, per dare notizia delle attivit dei Maestri. Un direttore non va mai a caccia di lavoro: accetta l'invito a diventare direttore stabile. Non rompe i contratti che non gli rendono abbastanza ma lascia il suo posto per motivi personali e familiari. Non impone mai ai dirigenti discogratlci di ripubblicare i suoi vecchi dischi ma concede l'autorizzazione per un'edizione speciale. Se non ha voglia di dirigere, non si prende una serata libera, ma si dichiara indisposto; anzi ritarda l'annuncio e permette che il suo nome venga pubblicizzato, pur sapendo che la gente che sta comprando i biglietti dovr ascoltare un suo modesto sostituto.
E questo non affatto l'inganno peggiore perpetrato da un direttore d'orchestra moderno e coperto dai giornalisti, il termine stesso incarico colmo di ambiguit. I direttori musicali si proclamamo totalmente impegnati con l'orchestra che in quel momento comandano, ignorando per motivi di opportunit il loro legame poligamico con un teatro d'opera in un'altra nazione. Un direttore stabile pu anche non vedere la sua orchestra per nove mesi consecutivi, pu non conoscere i nomi di met dei suoi collaboratori mentre incassa due stipendi da mezzo milione di dollari l'uno e consuma la vita fra un jet e l'altro.[21] Perch queste cose succedono ai direttori d'orchestra? chiese il redattore di un giornale indipendente. Per avidit personale, o per l'avidit degli agenti e delle case discografiche che li spingono alla disperazione se non alla distruzione?
La colpa ricade anche su coloro che vengono meno al dovere di osservare e criticare. Una congiura del silenzio circonda i direttori d'orchestra, una congiura basata sull'interesse e su una muta paura. Il caso di Charles O'Connell non stato del tutto dimenticato. O'Connell, uno stimato produttore discografico, os parlare delle vanit dei direttori in un memoriale pubblicato nel 1947. [22] Poco pi tardi ammise: Credo di essermi autoescluso dall'industria musicale [23] e infatti fu cos. Non lavor pi. L'unico memoriale rivelatore che si possa paragonare al suo, quello del produttore britannico John Cuishaw, usc dopo la morte dell'autore.[24] I direttori hanno un potere autentico, e gli aspiranti iconoclasti vengono tenuti a bada dalla paura di querele per diffamazione e dalle minacce contro le loro fonti di guadagno.
Lo scopo di questo libro esaminare le origini e la natura del potere dei direttori, e la sua influenza sull'attuale declino della professione. Negli ultimi dieci anni ho discusso l'argomento con musicisti, produttori discografici, agenti, manager di orchestre e persino direttori importanti, nell'ingenuo tentativo di comprendere la relazione fra l'esercizio del potere e l'esecuzione musicale.
Questo non un trattato contro i direttori d'orchestra. Tutt'altro. Non neppure una storia critica della professione che assoggetti i diversi protagonisti a un'analisi tecnica e interpretativa. Anzi, molti nomi notissimi sono virtualmente assenti da queste pagine, poich hanno dato solo un contributo marginale all'evoluzione della politica del potere sul podio. Fra le omissioni pi notevoli si contano lo svizzero Ernest Ansermet, grande stravinskiano, e il suo compatriota Charles Dutoit, gli ungheresi Antal Dorati e Istvn Kertsz, e moltissimi tedeschi formidabili come Karl Muck e Fritz Busch, Rudolf Kempe, Eugen Jochum, Erich Leinsdorf e Wolfgang Sawallisch. Tutti questi, insieme con altri direttori illustri, sono famosissimi; ma hanno fatto poco per modellare il carattere della professione.
Anzich mettere insieme un altro catalogo dei grandi direttori d'orchestra, mi sono prefisso lo scopo di frugare al di sotto della meccanica del loro lavoro per giungere a comprendere la dinamica sociale, psicologica, politica ed economica di un mtier infinitamente affascinante, per analizzano in un linguaggio semplice senza eufemismi, senza fumisterie tecniche e formule di cortesia. Presa dall'inizio alla fine, la storia della direzione d'orchestra una cronaca di impegno individuale e di ambizione, modulata da violente circostanze nella societ esterna. La direzione d'orchestra, come molte forme di eroismo, poggia sull'uso e sull'abuso del potere per beneficio personale. Resta da vedere se questo eroismo desiderabile nella musica o se un male necessario. Il suo futuro, comunque, oggi in dubbio. Sventurata la terra che non ha eroi, sospira Andrea nella Vita di Galileo di Bertolt Brecht. No, ribatte l'astronomo, sventurata la terra che ha bisogno di eroi.

Accadde------ 4 marzo 1976
Il governo americano ha negato il visto di ingresso negli Usa al flautista italiano Severino Gazzelloni, iscritto al Pci, il quale dal canto suo dichiara di essersi rifiutato di incontrare lambasciatore Volpe allo scopo di chiarire la faccenda, perch "non mi piacciono simili espedienti che alcuni vorrebbero considerare specie di avvertimenti ". Stati Uniti- Italia

"Il flauto magico" Intervista al regista e al cast. di Monica Cabras

Presenti i produttori P.O. Bardet, P. Moores, il regista Kenneth Branagh e gli interpreti Benjamin Jay Davis, Joseph Kaiser, Amy Carson, Lyubov Petrova.

Che tipo di rapporto ha la regina con Sarastro?
Kenneth Branagh: Nell'opera di Mozart una cosa non proprio rivelata, sembra che tra loro ci sia una relazione, che Pamina sia la figlia di Sarastro, ma non mai esplicito. A noi sembrava una posizione personale molto forte, ma ci non prova che Mozart la suggerisse.
Che tipo la Regina della Notte?
Lyubov Petrova: Penso che sia una donna persa anche se appassionata. Non cattiva ma crede in quello che dice e fa. Si perde facilmente nel proprio mondo perch crede che quello che pensa sia l'unica cosa giusta.
Lei uno dei pi grandi interpreti di Shakespeare, secondo lei vero che tutte le grandi storie sono state gi scritte da tempo?
Kenneth Branagh: Potrebbe anche essere vero, ma qualsiasi oggetto d'arte pu essere riesplorato e rivisto apportando la propria interpretazione personale.
Il libretto stato tradotto in inglese, questa sicuramente un'operazione ardita musicalmente, come siete riusciti ad adattare i suoni alla musica di Mozart?
Kenneth Branagh: Il libretto stato tradotto da Stephen Fry, un brillante scrittore inglese. Si cercato di rispettare la traduzione dal tedesco il pi possibile, anche se in certe arie stato molto difficile. Perch potesse essere cantato si passato da una rappresentazione vernacolare a una pi arguta. Stephen in questo ha fatto un ottimo lavoro.
Come mai la Peter Moores Foundation ha scelto proprio quest'opera?
P. Moores: Sono sempre stato molto affascinato dall'idea di fare film dalle Opere per riuscire a portare la lirica fuori dal teatro e renderla pi accessibile al pubblico.
Quale il suo rapporto con la messa in scena del Flauto Magico e con il film di Ingmar Bergman?
Kenneth Branagh: Devo ammettere che non conosco bene l'opera, e soprattutto Il Flauto Magico. Per informarmi ho ascoltato la lirica tedesca, ho visto il film di Bergman che ho molto ammirato, ma che trovo diverso da quello che volevamo fare. Ho letto molto, mi sono documentato, ma alla fine mi sono concentrato solo sull'opera che volevamo realizzare.
Le interpretazioni sono state ottime dal punto di vista vocale, avete cantato voi?
Amy Carson: Si era la mia voce, anche se sono giovane ho cantato per tutta la mia vita. Questo anche il mio primo ruolo da protagonista in un opera, avevo gi interpretato il Flauto Magico, ma in un ruolo minore. Lyubov Petrova: Anche io sono un'interprete d'Opera.
Kenneth Branagh: Quando Sir Peter mi ha parlato del progetto, si pensato all'opzione pi cinematografica di usare delle voci registrate con attori professionisti, ma poi siamo stati pi entusiasti all'idea di usare dei veri cantanti d'Opera.
Ci pu descrivere la sua decisione di indirizzare il mecenatismo verso i film, lo far di nuovo?
P. Moores: Sono abituato all'opera nei teatri, a Vienna fanno "Il flauto magico" quando non sanno cosa proporre. Quando un'opera cantata nella sua lingua indirizzata a pochi, se viene cantata nei parchi funziona male il sonoro, per questo ho pensato al Cinema. Ma non si pu certo tradurre tutta l'Opera in inglese. Non so se far altri film, dipende dal budget.
Che cosa le ha fatto decidere di fare il Flauto Magico e di ambientarlo nella I Guerra Mondiale?
Kenneth Branagh: Sono stato colpito dall'umorismo, dalla musica e dall'ampiezza del dramma. Ho percepito il conflitto personale in forma musicale in cui si levasse un grido a favore della pace. E questo mi ha fatto pensare alla tragedia della I Guerra Mondiale.
Che difficolt ha avuto nell'adattare le musiche di un Opera al film?
Kenneth Branagh: Le difficolt maggiori le abbiamo avute sia per quanto riguarda problemi tecnici che logistici. Soprattutto a causa degli impegni degli attori impegnati a volte diversi mesi con le loro carriere artistiche. Il mio desiderio era quello di dare una sensazione di improvvisazione, in modo da dare vita alla piece senza far vedere i limiti tecnici e l'improvvisazione. Joseph Kaiser: E' stato strano fare la registrazione delle parti cantate a Settembre per poi iniziare le riprese il gennaio successivo. Avevamo il direttore che ci dirigeva, ma anche Kenneth che dalla platea ci dava dei consigli per l'interpretazione. Io non avevo mai partecipato ad un film e quindi non avevo capito quanto dovesse essere intensa la mia interpretazione. Poi durante le riprese ho capito come comportarmi. La maggior parte di noi cantava realmente anche quando stavamo girando. Mi sento molto fortunato di aver potuto partecipare a questo progetto.
Come capitata la proiezione al Teatro La fenice?
Kenneth Branagh: Penso che sarebbe bello che gli appassionati di Opera andassero al Cinema e viceversa, ma forse sul fatto della proiezione alla Fenice ci pu rispondere meglio Pierre-Olivier Bardet, (produttore, ndr).
P.O. Bardet: L'idea stata di Muller che ci ha invitati alla Fenice. Inizialmente abbiamo un po' esitato perch volevamo portare l'Opera fuori dal Teatro, ma poi abbiamo pensato che fosse una buona idea anche portare gli spettatori del Cinema dentro il Teatro.
Come stato lavorare con Kenneth Branagh?
Amy Carson: L'Amleto stata la prima piece studiata a scuola, e sono rimasta senza fiato quando ho visto la trasposizione di Branagh. Quando ho sentito del progetto ero molto interessata, ero rimasta incantata dal ruolo di Pamina ed stata una fortuna che abbia potuto interpretarla. Kenneth ha un grande entusiasmo e una grande energia ed fantastico lavorare con lui.
C' mai stata l'opzione di ambientare Il Flauto Magico in un altro periodo storico?
Kenneth Branagh: No, ho ascoltato e riascoltato le musiche, volevo trovare un'ambientazione coerente, perch Il Flauto Magico pieno di enigmi, io cercavo la passione e subito ci venuto in mente la II Guerra Mondiale, che ha avuto una grande risonanza, e che secondo noi poteva raccontare meglio la storia. Joseph Kaiser: Io penso che sia stato un bene che abbiano scelto quel periodo, per diversi motivi. Ad esempio generalmente l'Entrata di Tamino nell'Opera non permette di capire quanto lui sia in pericolo, mentre con quest'ambientazione la musica giustifica l'intensit e l'essenza del periodo. Inoltre, nell'opera ci sono dei vuoti, delle cose non spiegate e nel contesto di una guerra tutto reso pi interessante perch si vuole rimanere legati all'amore. Benjamin Jay Davis: La guerra ci permette di arrivare allo stato emotivo acuto che ci consente di spiegare meglio le emozioni.

--Il pianto dei Macintosh di Ennio Martignago

scomparso in sordina l'uomo che ha reso concreto il computer a misura d'uomo, concependo l'interfaccia e l'architettura all-in-one del primo Macintosh aprendo l'era dei portatili, delle finestre, degli oggetti, degli iMac e perfino dei PDA
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Ennio Martignago Di argomento simile Mondo Mac
Link di riferimento jef.raskincent...

Sabato 26 febbraio, senza che ce ne accorgessimo, i Macintosh di tutto il mondo hanno dismesso definitivamente la faccia ridente che apriva le sessioni del Classico, l'unico vero Mac OS. In quel momento erano diventati veramente orfani. A Pacifica, un paesino della California, dopo una rapida e implacabile malattia al pancreas si spento all'et di 61 anni Jef Raskin, il vero padre di Macintosh, quello a cui, da vero padre, si deve il nome ispirato alla sua mela preferita (la McIntosh, storpiata per evitare sovrapposizioni con la marca degli amplificatori). Sua fu, ancor pi, l'idea del computer all-in-one che ha traguardato i decenni ancor pi delle interfacce. Se si prova a fare una ricerca con il suo nome nel sito di Apple, non si trover nessuna corrispondenza. La sua presenza, per quanto ancor pi fondante che fondamentale, stata rimossa. Esiste una credenza che vede la storia dell'informatica dominata dai tecnologi e dagli inventori. Niente di meno vero. Da Bill Gates a Steve Jobs, da Linus Thorvald a Larry Ellison a farla da padroni sono i commerciali, grandi nocchieri intuitivi e istintivi con una spiccata sensibilit per le opportunit emergenti, ma praticamente sterili quanto a contributi personali. Non sono in molti, ad esempio, a sapere che senza una figura passata sempre in secondo piano come Douglas Engelbart non ci sarebbe stato nulla del computer come lo conosciamo oggi. Questo concetto nacque durante un viaggio in auto alla fine degli anni '50 e dieci anni dopo sarebbe diventato realt nel parco scientifico della Xerox, mentre ancora il mondo non conosceva il monitor, le finestre, il mouse, l'ipertesto, il word processing e tutte le altre idee fatte esperienza che avrebbero fatto capolino solo dopo un altro decennio. Se questo avvenne lo si deve a Jef Raskin, allora giovane collaboratore di Engelbart, che convinse i due Steve a lasciare da parte per un attimo il fallimentare progetto Lisa per andare a fare una visita alla Xerox. Raskin era stato introdotto da Mike Markkula, l'imprenditore, incubatore ante litteram, che alla fine degli anni '70 rese veramente possibile e concreta la scommessa di due ragazzi delle west coast. All'inizio la sua occupazione fu marginale Neppure quella visita allo Xerox Park sarebbe comunque bastata a convincere Jobs che si era intestardito con Lisa. Fu Sculley a costringercelo. Quando ne comprese le vere potenzialit ne volle anche la paternit. -Per un padre che gi da cinque anni stava crescendo questo figlio alle porte della maturit non c'era niente di peggio che fare da portaborse a un patrigno che ne avrebbe assunto la paternit agli occhi del mondo. Newyorkese, ma uomo rinascimentale per eclettismo e apertura culturale, fu matematico, filosofo, psicologo cognitivo, informatico, musicista e professore d'arte. Usc da Apple nell'81, poco dopo avere reclutato l'inventore dei linguaggi e degli applicativi di Macintosh, poco prima che il neonato "computer che parla" lanciasse i primi vagiti all'indirizzo di Jobs e del consiglio d'amministrazione di Apple. Prosegu come ricercatore sulle tracce del percorso intrapreso con Engelbart alla ricerca di un'informatica a misura d'uomo di lecourbusiana tradizione. Si dice che sotto sotto non abbia mai smesso di ambire un ritorno a Cupertino, in quella Societ di cui non approvava pi la maggior parte delle scelte, soprattutto riguardo all'interfaccia, ancorato a un passato che non prendeva in considerazione i cambiamenti avvenuti nelle idee tecnologiche dell'ultimo ventennio. Dal canto suo per conto di Canon ne costru un prototipo, il Canon Cat che per non venne compreso a dovere, probabilmente perch troppo intuitivo: "Al termine del tempo stabilito per il test, dichiararono che era fallito. Il punto che per cercare di avviare il word-processor avevano provato ogni sorta di comandi, da quelli del Job Control Language pieni di barre (un tipo di delimitatore orrendo che, curiosamente, sopravvive ancora oggi negli indirizzi Web) ai comandi IBM DOS. Ovviamente, in tutti questi loro tentativi non facevano altro che scrivere e cancellare e riscrivere e ricancellare, ma erano talmente convinti di stare operando "a livello sistema" da non accorgersi minimamente che stavano gi usando il word-processor". A chi gli chiedeva quale sarebbe stato il futuro del suo contributo nel Mac rispondeva: "Personalmente mi faccio un'idea sul modo in cui voglio vedere girare il mondo e lavoro in questa direzione. Ma se proprio mi costringete ad esprimermi in questo senso vi dir che da qui a dieci anni una parte dei miei lavori verr usato da milioni di persone. Per esempio, pressoch tutti gli utilizzatori di computer cliccano su degli oggetti per spostarli. Di certo non c' pi di una persona su un milione a pensare che qualcuno ha ben dovuto inventarla quella cosa l, e pu darsi che una dozzina di essi sappiano che ad averlo fatto sono stato io...".

La musica di Mozart favorisce nascita sinapsi

Scovato il meccanismo biologico dietro al famoso 'effetto Mozart' secondo cui ascoltare le composizioni del 'genio' di Salisburgo contribuirebbe a migliorare il quoziente di intelligenza. Le note del Flauto magico o di Cosi' fan tutte, piuttosto che le sinfonie o le messe, compreso il famoso Requiem ''azionano i geni che sovrintendono alla formazione delle sinapsi, cioe' dei collegamenti tra i neuroni del cervello''. Dunque non rendono piu' intelligenti ma aiutano il cervello a funzionare meglio e con maggiore rapidita'. A chiarire gli effetti stimolanti della musica di Mozart sono i ricercatori dell'universita' Oshkosh del Wisconsin, da anni impegnati a svelare i segreti dietro le opere del compositore austriaco, nel corso di un simposio di neuroscienze che si e' tenuto a San Francisco, in Usa. Ma secondo il neurologo Fran Rauscher, che ha coordinato gli studi, le note di Mozart potrebbe aiutare anche a rallentare gli effetti neurodegenerativi di malattie come Alzheimer o Parkinson. Osservando i topi di laboratorio, i ricercatori statunitensi hanno scoperto che quelli esposti alla musica di Mozart registravano una maggiore attivita' di alcuni geni che si rifletteva sull'ippocampo. Ad essere 'solleticati' erano: il gene responsabile del fattore di crescita neurale BDNF, uno che rilascia una sostanza che favorisce apprendimento e memoria (CREB), e il gene che produce la sinapsina I, una proteina che stimola la formazione di collegamenti tra neuroni. Ormai dal 1993 i ricercatori cercano di venire a capo dell'effetto Mozart. Da quando venne pubblicato su Nature uno studio condotto su studenti di College, secondo cui bastava ascoltare la musica del compositore austriaco per 10 minuti per migliorare i risultati scolastici.

Robert Beaser
has emerged as one of the most accomplished creative musicians of his generation. Since 1982, when the New York Times wrote that he possessed a "lyrical gift comparable to that of the late Samuel Barber", his music has won international acclaim for its balance between dramatic sweep and architectural clarity. He is often cited as an important figure among the "New Tonalists"-composers who are adopting new tonal grammar to their own uses--and through a wide range of media has established his own language as a synthesis of European tradition and American Vernacular. His recent Opera "The Food of Love", with a libretto by Terrence McNally, is part of the Central Park Trilogy, which opened to worldwide critical accolades at Glimmerglass and New York City Opera. It was televised nationally on the PBS Great Performances series in January 2000 and received an Emmy nomination for "Outstanding Classical music-dance program". Beaser's orchestral CD on London/Argo has garnered considerable attention prompting Gramophone magazine to call his music "Masterly...dazzlingly colorful, fearless of gesture...beautifully fashioned and ingeniously constructed". The Baltimore Sun writes "Beaser is one of this country's huge composing talents, with a gift for vocal writing that is perhaps unequaled". Born in Boston, Massachusetts in 1954, Beaser studied literature, political philosophy and music at Yale College, graduating summa cum laude, Phi Beta Kappa in 1976. He went on to earn his Master of Music, M.M.A. and Doctor of Musical Arts degrees from the Yale School of Music. His composition teachers have included Jacob Druckman, Earle Brown, Toru Takemitsu, Arnold Franchetti, Yehudi Wyner and Goffredo Petrassi. In addition, he studied conducting with Otto-Werner Mueller, Arthur Weisberg and William Steinberg at Yale, and composition with Betsy Jolas on a Margaret Lee Crofts Fellowship at Tanglewood in 1976. From 1978-1990 he served as co-Music Director and Conductor of the contemporary chamber ensemble Musical Elements at the 92nd street Y, bringing premieres of over two hundred works to New York City. From 1988-1993 he was the Meet the Composer/Composer-in-Residence with the American Composers Orchestra at Carnegie Hall, and has served as the ACO's artistic director until 2001, when he when he assumes the role of Artistic Director. Currently, he is Professor and Chairman of the Composition Department at the Juilliard School in New York. Beaser's compositions have earned him numerous awards and honors. At the age of 16, his first orchestral work was performed by the Greater Boston Youth Symphony under his own direction at Jordan Hall in Boston. In 1977 he became the youngest composer to win the Rome Prize from the American Academy in Rome. In 1986, Beaser's widely heard Mountain Songs was nominated for a Grammy Award in the category of Best Contemporary Composition. He has received fellowships from the Guggenheim and Fulbright Foundations, the National Endowment for the Arts, the Goddard Lieberson Fellowship from the American Academy of Arts and Letters, a Charles Ives Scholarship, an ASCAP Composers Award, a Nonesuch Commission Award and a Barlow Commission. In 1995, when the American Academy of Arts and Letters honored him with their lifetime achievement award, the Academy Award in music they wrote: "His masterful orchestrations, clear-cut structures, and logical musical discourse reveal a musical imagination of rare creativity and sensitivity...and put him in the forefront of his generation of composers." Beaser's music has been performed and commissioned with regularity both in America and abroad. He has received major commissions from the New York Philharmonic (150th anniversary commission), the Chicago Symphony (Centennial commission), the Saint Louis Symphony, The American Composers Orchestra, The Baltimore Symphony and Dawn Upshaw, The American Brass Quintet, Chanticleer, New York City Opera, Glimmerglass, and WNET /Great Performances. Recent major orchestral performances have come from the Chicago, Saint Louis and Baltimore Symphonies, The New York Philharmonic, the American Composers Orchestra, the Marine Band, the Vienna Radio Orchestra, the Linzer Symphony Orchestra, The Krakow Philharmonic, the Dutch Radio Symphony, the Gelders Orchestra, the Hong Kong Philharmonic with James Galway, the Monte Carlo Philharmonic, and the Rome Radio Symphony. Other notable performances include the Phoenix Symphony, the New Orchestra of Westchester, the Delaware Symphony, the Tenerife Symphony, the Charleston, South Bend, and New World Symphonies, the Juilliard Orchestra and the Saint Paul Chamber Orchestra. Chamber performances have been given at the Aspen Ojai, Berlin, Musica di Asolo, Spoleto, and Lockinhaus Festivals, the Festival of Contemporary Music and Rumania, the Brooklyn Academy of Music, Music Today, Musical Elements, the New Juilliard Ensemble, the Seattle and Saint Louis Symphony Chamber Music series, the Chamber Music Societies of Lincoln Center, Baltimore and Chicago, The Twentieth Century Consort, the New York Concert Singers, the New Amsterdam Singers, the San Francisco Contemporary Music Players, the Boston Chamber Players, Continuum, NY Virtuosi, the Bridgehampton Chamber Players, Summergarden at MOMA and the Pittsburgh New Music Ensemble. His principal recorded works include The Seven Deadly Sins, Chorale Variations, and Piano Concerto (London/Argo), The Heavenly Feast (Milken Archives), Song of the Bells (New World Records), Notes on a Southern Sky (EMI), Mountain Songs (Musicmasters), Variations for flute and piano (Musicmasters), Psalm 119, Psalm 150 (New World), The Seven Deadly Sins-piano version (Albany Records). He is recorded as a conductor of Musical Elements on the CRI label. In addition to his activities as a composer and conductor, Beaser has been a guest lecturer at a number of universities and festivals, and was the co-issue editor for the Contemporary Music Review issue entitled "The New Tonality". His music is published by European American Music Corporation (Schott/Universal).

La pace non puo' essere mantenuta con la forza, puo' essere solo raggiunta con la comprensione.


Vivisezione. Nessuno scopo e' cosi' alto da giustificare metodi cosi' indegni.
La fantasia e' piu' importante della conoscenza

Siamo tutti ingnoranti, ma non tutti sono ingnoranti nella stessa maniera
Io non ho particolari talenti. Sono solo appassionatamente curioso.
Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna.
Per perdere la testa, bisogna averne una.
La mente e' come un paracadute. Funziona solo se si apre
Non esitono grandi scoperte ne reale progresso finche' sulla terra esiste un bambino infelice
La saggezza non e' il risultato di un ' educazione ma del tentativo di una vita intera di acquistarla.
Cerca di diventare non un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore.
E' meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione.
Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di cio' che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani.
Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidita' umana, e non sono sicuro della prima.
La prima necessita' dell'uomo e' il superfluo.
Talvolta uno paga di piu' le cose che ha avuto gratis.
La vita e' come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti.